Un uomo buono

Secondo me Lukasz Urban era un uomo buono. C’è questa fotografia di lui affacciato dal finestrino di uno dei bestioni che guidava. Ridendo porta una mano alla guancia, tra l’ imbarazzato e il soddisfatto dal suo essere così ingombrante. Che con i suoi muscoli da gigante esce quasi dalla cabina del camion.
Forse era solo felice.

La sua mite normalità filtra dai pochi gesti che conosciamo. Il desiderio di scaricare in anticipo per tornare presto dalla moglie e dal figlio. Trovare il tempo di acquistare un regalo in qualche mercatino tra l’Italia e la Germania. Un kebab mangiato in piedi al freddo, accanto allo sportello del suo Scania. Un sorriso colto di sfuggita da una telecamera di sicurezza.

Poco altro si sa ancora, ma quello che segue la cronaca in questo Natale triste, è qualcosa che stringe il cuore.
La lotta di Lukasz con l’attentatore, le coltellate di quest’ultimo che non riuscivano a fermarlo, pugni, mani nude di un uomo solo contro lame e armi, la forza della stazza e della mitezza trasformate in rabbia per la vita.

Quando tutto stava per compiersi, Lukasz non ha più lottato solo per se stesso. Ha tentato di liberarsi dalle corde che lo stringevano, ha combattuto disperatamente con tutto il suo grande corpo già offeso per deviare il camion, per frenarlo. Alla fine ha perso, colpito a bruciapelo alla testa, solo la pistola è riuscita a domarlo.
Forse Lukasz non saprà mai, dal luogo di pace in cui spero si trovi, che probabilmente ha risparmiato tante vite donando la sua.

Resta un villaggio nel lutto di una terra che conosce bene la sofferenza degli umili. Restano il silenzio e la dignità di una donna e di un ragazzo di 17 anni. Resta un padre anziano. Resta il ricordo di questo nessuno come tutti noi. Lo terremo vicino come un lare, una statuetta che ci protegge in un angolo del cuore.

I miti sono i vinti, i miti sono i vincitori. I miti erediteranno la terra, e anche il cielo.

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