Il Signor G. entrò presto in ufficio, come a lui piaceva ed aveva sempre fatto per tutte le mattine della sua vita. Appese il cappello, piegò con cura la giacca sull’appendiabiti, si sedette alla scrivania. Subito percepì una strana sensazione, come se qualcosa nell’ambiente fosse cambiato. Si guardò intorno con molta attenzione. Una delle tante cartelle che affollavano il tavolo da lavoro era stata leggermente spostata dal suo luogo abituale. “Ahimè, – sospirò il Signor G. riposizionandola con millimetrica precisione – le imprese di pulizia non sono più quelle di una volta”. L’ordine assoluto era una delle manie di cui era più orgoglioso. Cominciò la giornata: le sue mani rosee, grassocce, con le unghie curatissime sembravano accarezzare le pratiche. Le aprivano, le sfogliavano, tracciavano appunti, con la velocità e la determinazione della sua consumata esperienza.
Quando l’orologio segnò l’ora di pranzo, il signor G. si alzò, riprese la giacca e il cappello, aprì la porta dell’ufficio. Lì lo attendeva un mondo diverso: la moglie, in una vestaglia color giallo tenue, stava preparando da mangiare nella loro cucina. Il piccolo tavolo era già apparecchiato con molta cura e nell’aria si sentivano i profumi caldi del cibo in cottura. Alle sue spalle, l’ufficio immacolato e silenzioso, un contrasto che procurava al signor G. un malessere che si accentuava sempre di più in un disagio.
Da tanti anni in pensione, non aveva potuto smettere di lavorare, di rinunciare ad esprimere una parte così importante di sé. La sua vita era rimasta sempre uguale: casa, ufficio, casa, ma con un viaggio lungo un passo. In piedi, sulla soglia di due mondi in conflitto, sentiva questa inquietudine interiore aumentare a dismisura.
Finalmente richiuse la porta, la realtà è sempre quella che siamo in grado di accettare e si sedette, come ogni giorno. “Ciao caro, – gli disse la moglie con un sorriso dolce – certo comincia a fare caldino adesso, che ne dici, andiamo nella nostra casetta, al mare ?”. Con gli occhi bassi lui le rispose, quasi in un sussurro:” Non lo so, non ho ancora chiesto le ferie”.
tenero assurdo
Mi fa molta tenerezza ma lo capisco: è difficile riempire il vuoto lasciato dall’ andare in pensione!io cercavo alunni per continuare ad essere una prof!
Qui la non accettazione della realtà porta ad un distorcimento totale della stessa che rasenta e tocca la follia
si vorrebbe continuare… lo so
bah, a me un po’ (mi mancano ancora 3 anni ad arrivare ai fatidici 67 della fornero) mi ha innervosito, ho pensato a quella povera moglie che deve recitare un parte non sua perché lui non è stato capace di costruirsi altro. Forse non sono di buon umore
…a volte avvolgere la realtà in una finzione Consapevole aiuta, ma no sempre chi comunque vive di ciò che rappresenta il proprio ruolo sociale …ho visto soffrire spesso da cani chi sia rimasto senza il lavoro, per vari motivi, che lo qualificava…le abitudini spesso sono peggio delle malattie…e poi educarsi al tempo libero è una grande passione che molti mischiano con al noia…che altro non è che indifferenza ..Moravia e dopo Sarte ci hanno campato sopra…scrivendo ….ma la solidarietà della moglie …incanta.