Una notte di maggio Gaia balla il rock and roll

 

Bologna, domenica 20 maggio 2012, ore 04:04.

Di colpo il mio sonno viene interrotto da sobbalzi, come sbandamenti di un treno in corsa senza controllo.

Pietro mi abbraccia, forse pensando che abbia avuto un incubo. Poi entrambi, all’unisono, saltiamo dal letto. La paura sale. Guardandoci l’un l’altro capiamo cosa sta accadendo.

Terremoto.

Il terreno fluttua sotto i nostri piedi, come fossimo su una piccola barca in una mareggiata. Un suono sordo, un tuono soffocato accompagna il rollio della terra. Pare stia ballando il rock and roll.

La casa geme sotto la spinta delle onde.

Col cuore in gola seguo Pietro, che nel frattempo ha aperto la porta finestra che dà sul giardino. Usciamo, topi da un barile, scappando verso il punto più lontano dai muri. Nell’aria risuona il fragore del sisma, pieno di collera, quasi fosse stato ingabbiato finora in un fagotto di plastica. La gente in strada prega e piange e intanto il vento si alza scuotendo alberi e vesti.

Maledizione, non capisco più nulla! Ho le vertigini, mi viene da vomitare!

Frastornata e incredula guardo la casa. Rulla e scricchiola, un animale ferito. Mi domando se resisterà a tanta fatica.

Poi tutto si placa, ma il cuore continua a sbattermi in petto.

Cerco di figurarmi dove sia l’epicentro, immagino i danni, penso alle persone coinvolte. E alle mie figlie lontane da casa. Dio mio, staranno bene?

Mi attacco al cellulare, ma non riesco a raggiungerle: le linee sono interrotte. Sono impotente, mi manca il respiro. Mi sento frastornata, una sensazione come di estraneità.

Poi mi guardo attorno. Il vento smette di soffiare. Pietro mi avvolge in un silenzioso abbraccio e mi sorride, felice di poterlo ancora fare.

In un istante realizzo la pochezza delle preoccupazioni di tutti i giorni; nei lunghissimi 20 secondi appena passati la paura è stata un dono, mi ha fatto apprezzare la gioia di esistere.

Mi immergo nei piccoli gesti che mi fanno sentire ancora viva.

 

 

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