E se un giorno il mare si dimenticasse di ritornare indietro e non richiamasse più le sue onde, se la luna una sera avesse altro da fare e non uscisse la notte e nemmeno quella dopo e poi si stancasse di sé? Che succederebbe del ritmo maniacale che regola ogni ingranaggio di questa necessità che chiamiamo vita? E di me? Questo si chiedeva con i piedi affondati nella sabbia e tanta voglia di rimanere lì, sdraiata in riva al mare a guardare la luna. Ma era tardi, avrebbe dovuto rientrare a casa.
A malincuore si alzò ma si accorse che qualcosa di nuovo spuntava dalla pianta dei suoi piedi, sembravano delle radici. Cercò di alzare il piede destro ma rimaneva lì, attaccato a quel terreno freddo e umido, e poi nemmeno il sinistro le voleva ubbidire. Guardò la luna e si accorse con stupore che sulla sua testa stava nascendo qualcosa, vide anche l’ombra di una corda proprio lì sopra, una corda d’argento. Cercò di muoversi ma cielo e terra la trattenevano, saldata come fossero pece alle viscere della Madre Terra e al cuore del Padre Cielo.
Ma non aveva tempo di rimanere invischiata perfino in se stessa, già troppe catene la tenevano legata a quell’oggi un po’ banale che non diventava mai il suo domani eccezionale.
E allora pensò che fosse arrivato il momento di partorirsi di nuovo, come faceva ogni volta che si ricordava di sé. Inspirò profondamente, andando a catturare l’energia della Terra che stava nelle sue profondità, dentro a una grande sfera di luce. E fece salire quella luce lungo le radici e poi su su nella sua colonna vertebrale e ancora più in alto, lungo la corda d’argento, fino a raggiungere il cielo. E poi espirò e fece scendere l’energia del cielo lungo la corda e attraverso la sua colonna vertebrale e le radici fino a farla scivolare nella grande sfera di luce bianca.
E un suono che le nasceva da dentro, dal suo essere canale tra terra e cielo, le scosse i muscoli contratti, penetrò nel panico della sua anima, sciolse i nodi che aveva trattenuto, diede una spinta a tutto quello che non aveva ancora lasciato andare. E quel suono, inizialmente timido e scomposto, si trasformò nella sua nota e la sua nota si espanse intorno a lei e raggiunse il cielo e la terra e tornò indietro, fino dentro al suo cuore.
E pianse, finalmente pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto, tutti i no che non era riuscita a dire, tutti i si che aveva lasciato chissà dove, pianse i desideri e i tormenti, le paure e le speranze.
Poi respirò lieve, si stiracchiò, alzò il piede destro, quello sinistro, fece un passo, poi due, guardò luna e mare e li salutò strizzando l’occhiolino.