UNO STRANO MORBO

Fu una cosa improvvisa.
Era al banco delle carni, quando alla sua solita domanda: “Ha gli ossibuchi?” il macellaio rispose con voce flautata di donna: “Preferirei una camicetta di chiffon…” “Scusi?” fece la signora distrattamente, certa di avere inteso male “Ho detto che preferirei una camicetta di chiffon, invece di questo grembiulone sporco!” “Grazie, non importa” mormorò la donna allontanandosi velocemente.
“Che tempi!” pensava tra sé “Guarda tu che maleducato… ma chi crede di prendere in giro?” iniziava a risentirsi “Devo ricordarmi di cambiare banco, non mi ci vede più, quello lì. Peccato, però: ossibuchi teneri come quelli che tiene, non saprei dove trovarli”.
Mentre si affliggeva per gli ossibuchi perduti, prestò distrattamente orecchio alla conversazione di due donnine anziane, che, come lei, si aggiravano tra le merci del mercato, operose come api operaie e che, come tali, ronzavano fittamente tra loro, sorridendosi complici: “Vecchia bagascia sdentata, non riesco più a sopportare il tuo tanfo d’aglio accompagnato dalle stronzate immani che spari!” diceva l’una “Ciance, ciance, ciance: le stesse ciance da quarant’anni! Dio mio! Morissi! Almeno mi prenderei la tua stanza, baldracca fallita!” diceva l’altra.
“Ma roba da matti!” si stupì la nostra signora “Certo che l’Alzheimer è proprio triste” si rammaricò compunta.
Già carica della spesa giornaliera, prese al volo un autobus per tornare a casa. Era pieno, come al solito, e, come al solito, non c’era posto per sedersi. Si aggrappò goffamente a un sedile, occupato da una ragazza bionda. La fissò speranzosa, ma quella le rispose con un’occhiata vacua. La signora, allora, chiese se potesse appoggiare le borse della spesa davanti ai suoi piedi. La ragazza rispose: “Se proprio devi rompere il cazzo a me…” La donna rimase sbalordita da tanta maleducazione, non seppe neppure cosa rispondere, tanto enorme ed immotivata le sembrava una simile risposta. Rossa in viso per la rabbia e l’indignazione (indignazione accresciuta dal fatto che nessuno – dico, nessuno! – avesse sentito il bisogno di intervenire in sua difesa per riprendere la ragazza) la signora scese alla prima fermata, decisa a proseguire a piedi il percorso verso casa, per far sbollire la furia e la mortificazione.
Arrivata nell’atrio, controllò la cassetta della posta e vide che era vuota. “Non è ancora passato il postino?” chiese allora alla portinaia, che passava lo straccio sul corrimano “Sì, abbiamo appena fatto una lunga scopata, ma non c’era niente per lei. Beh? Cos’ha da stare con quella bocca aperta? Non gliel’ha mai detto nessuno che le si vedono le otturazioni?” La signora, senza rispondere, corse letteralmente su per le scale, aprì la porta con mano malferma e, finalmente, lasciati cadere i pacchi a terra, si lasciò cadere sul divano.
“Ma cosa hanno tutti, oggi?” Si sentiva oltraggiata: era come se tutti avessero perso l’uso delle buone maniere, dando aria alla bocca senza pensare. Persa nelle sue riflessioni, non si rese conto del tempo che passava e, quando il marito entrò in casa, sobbalzò: aveva dimenticato di preparare il pranzo! “Cosa fai spaparanzata sul divano?” si informò l’uomo, sorpreso “Oh, amore! Ho avuto una mattinata tremenda!” e già stava per raccontare tutte le stranezze capitatele, quando il marito la interruppe: “E chi se ne frega! E’ pronto il pranzo?” “Ma…” “Ma che ma e ma! Ho fame e sono stanco e poi non ho voglia di stare a sentire tutte le stupidaggini che dici di solito. E ora cosa fai? Cos’hai da urlare come una gallina isterica? Sei impazzita? Ma guarda tu: non solo ‘sta scema non mi fa da mangiare, pure una scenata mi riserva!”.
Sempre più sconvolta, la donna si precipitò piangendo giù dalle scale, non senza udire i vicini che, affacciatisi alla soglia dei loro appartamenti, richiamati dal suo pianto isterico, commentavano tra loro: “Niente, niente: è quell’oca della signora Tonti. Avrà finalmente scoperto di essere cornuta”. Urlando e singhiozzando, scese in strada e, come una pazza, si lanciò tra le macchine e una moto la centrò in pieno. Prima di perdere i sensi, ebbe modo di sentire un mormorio confuso sopra di lei, poche, indistinte parole (“…Deficiente…” “…Proprio cretina…” “…E’ grassa…” “…Si è strappata il vestito… poco male: guarda che straccio!”), quindi svenne.
Riprese conoscenza qualche ora dopo. Sentiva dolore, era tutta ammaccata, aveva diverse fasciature e una gamba ingessata. Davanti a lei, un dottore le sorrideva: “Signora? Come si sente?” Non riuscì a rispondergli: di colpo le era tornato alla mente quanto era successo prima dell’incidente.
Si mise a piangere scompostamente. “Su, non faccia così: le è ancora andata bene, sa? Con il colpo che ha preso poteva rimetterci la vita!” “Magari, dottore, magari!”, singhiozzò per tutta risposta “Ma perché fa così, signora!”, disse il medico, costernato. Allora la donna gli raccontò tutto quello che le era capitato in quella folle mattinata. “Capisce, dottore? Come se non esistessi, come se ferirmi fosse per tutti indifferente!” concluse stremata, con un filo di voce.
Per tutta risposta, il medico si tolse dalla tasca un apparecchietto, lo accostò all’orecchio della donna e guardò dentro “Mmm…” commentò “Molto interessante…” Ripeté l’operazione con l’altro orecchio e disse: “Come immaginavo. Lei è stata colpita da un virus molto raro, che rende sensibilissimo l’orecchio interno alle frequenze nascoste, su cui viaggiano le intenzioni, e sordo alle frequenze normali, su cui sono trasmesse le solite parole. Dovrò quindi cercare di non pensare che lei ha…” “NO! Non lo dica!!!” esclamò la signora con veemenza, ma interiormente soddisfatta di quanto aveva comunque sentito.
Il dottore uscì velocemente dalla stanza, ma poco dopo, fu portata alla paziente una scatola di pillole con acclusa una ricetta e un bigliettino “Cara signora” vi era scritto “E’ meglio che le scriva, finché non è guarita. Segua scrupolosamente la posologia che le indico sulla ricetta e vedrà che, in pochi giorni, guarirà dal suo noioso disturbo”.
“Due pillole al giorno” lesse quindi sulla ricetta “Beh, se ne prendo tre guarisco prima” si disse allegramente e difatti, nel giro di una settimana, tutto sembrò tornare alla normalità.
Col marito che, premuroso, era andato a farle visita, non fece parola del suo vero disturbo, adducendo allo stress e alla stanchezza la crisi di nervi occorsale. Prima di congedarsi, l’uomo si chinò per sfiorarle la guancia con un bacio “Stammi lontano, brutto stronzo” gli cinguettò lei “Cosa?!?” “Mi fai senso” rispose la moglie tendendogli le braccia “Tu sei definitivamente impazzita!” reagì lui scostandosi di scatto e lasciando di corsa la stanza, sbraitando per le corsie “Ma perché ora mi tratta così?” chiese affranta la donna al dottore che era subito accorso “Signora, mi dica la verità: lei ha seguito con scrupolo le indicazioni che le avevo dato?” “Beh… sì… col cavolo!”.
“Ah ah!” esclamò trionfante il medico “come supponevo! Avanti, quante pillole ha preso?” “Una in più al giorno, i primi due giorni, poi quattro al dì” confessò lei un po’ avvilita “E non ha letto le avvertenze?” “No, che avvertenze?” “In caso di sovra dosaggio, cambieranno le sue frequenze di emissione: inudibili i suoni, avvertibili i pensieri. E adesso, signora, come facciamo?” “Non so… preferisce qui nella mia stanza o di là nel suo studio?” e un lento sorriso le incurvò le labbra.

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