Oscar, finita la guerra, era stato assunto come impiegato nella banca del paese. La miseria era tanta e anche se l’impiego non era la sua passione, lo accettò di buon grado.
Allora le banche non erano come adesso, tutte marmi, specchi e aggeggi elettronici; quella di Oscar era un bugigattolo in una via del centro, raccoglieva i magri risparmi dei contadini del luogo e la valuta straniera che arrivava dai tanti emigrati all’estero.
Dal suo scranno di legno Oscar osservava la gente lungo il corso, ma le occhiatacce del direttore – come quelle di un maestro severo – lo facevano ritornare in fretta ai suoi conti.
Fu grazie ad un mozzicone di matita che Oscar ebbe per la prima volta una promozione.
Il risparmio era la parola d’ordine del direttore: risparmiare sulla carta, sulla luce elettrica, sulla cancelleria. Ad ogni impiegato veniva consegnata una matita, una gomma, un righello e un’enorme calcolatrice, quelle meccaniche col braccio di ferro. Tutto doveva durare il più a lungo possibile.
Quel giorno Oscar aveva scritto molto, i numeri danzavano davanti ai suoi occhi il ballo della stanchezza e la matita sembrava una cicca. Andò dal direttore a chiederne una nuova, ma quello lo infilzò con lo sguardo e rispose laconico: le matite costano, si arrangi.
Tornando a casa sulla sua bici passò davanti al canneto che cresceva rigoglioso vicino al torrente, sotto il dosso di casa sua, prese una cannetta giusta giusta, la ripulì e ci infilò il mozzicone di matita.
L’indomani scriveva senza fatica con il suo cannello di canna e il direttore lo elogiò davanti a tutti per la sua ingegnosità.
A Oscar piaceva raccontarne la storia anche quando la banca non era altro che un ricordo: e come rideva ripensando al direttore taccagno!
Commento di Franca Quatrini
Un racconto breve scritto da una poetessa, Rita Tagnani, che sa trasferire nella prosa l’arte del verso. Siamo nel dopoguerra anni ’50, in un paesino svuotato dall’emigrazione, pochi i contadini rimasti che si affannano per mettere da parte qualcosa. Un ufficio bancario che sembra ironizzare sulla miseria vigente. Un impiegato intelligente che accetta di buon grado regole severe di risparmio su qualunque spesa, anche sulle matite. Lui guarda oltre la porta dell’ufficio, spera in qualcos’altro. Il direttore è un severo controllore, un padrone. La miseria è la chiave del racconto, anche se descritta con brevi ma significativi cenni. La matita si consuma, ce ne vorrebbe una nuova ma non si può avere perché costa. Allora l’ingegno spiazza tutti e l’industriosità vince: Oscar, libero dai dettami, sulla sua bicicletta va, e con un pezzo di canna si inventa una matita nuova. E viene lodato, strappa un elogio al taccagno direttore. Il racconto breve è riuscito benissimo, le proporzioni non solo stilistiche ma realistiche e descrittive di tutto un piccolo mondo sono perfette. L’uomo e il suo ingegno, le piccole cose, la povertà, la difficoltà negli anni lasciati dal flagello della guerra mondiale. C’è qui tutto di uno spaccato reale, la tragedia, l’ironia garbata che accompagna i gesti, la mimica, l’intransigenza. E l’exploit simpaticissimo di un piccolo genio della penna.
Brava, che grande capacità di arrivare al senso delle cose con semplicità, leggerezza e ironia!! Molto piacevole!! Dopo questo racconto si rimane in attesa del prossimo!!