Le valigie non sono più di lega ultraleggera dal marchio brevettato e bicolore telone cinese.
Diventano – forse tornano – scirocco, tungsteno, fango.
Raso, salino, firmamento, briciole del room service. Ossa, e un poco carne.
Le valigie sono come appunti su fogli gialli e note dell’i-Phone.
Dovrebbero volare, invece si sono fatte casse, stipi di usualità, provvisorie e indesiderate radici.
Certe etichette raccontano ancora la scrittura precisa e svogliata di mio padre, derubati indirizzi.
Le valigie ricordano, aspettano, odiano la mia furia impotente nel frugare.
Le ossa fanno male.
Le valigie si stancano di non essere ali.
Immagine: Sabrina Suadoni