I ricordi di un’epoca, non lontanissima, ma che ormai sembra perduta, raccontati dalla penna ironica, vivace, acuta, quasi tenera – ma in certi punti giustamente rabbiosa di Toni Jop, veneziano purosangue, per lunghi anni giornalista all’Unità. Gioventù, spirito, bellezza, vitalità di una Venezia che allora aveva 150.000 abitanti. Aneddoti curiosi, ritratti di personaggi – importanti o sconosciuti – ma ognuno con una personalità incisiva. Leggendo questo libro ci si immerge in un miracolo – che non si ripeterà mai più? La città sarà sommersa da milioni di turisti, da navi immense, da acque altissime? La ucciderà quella che Jop chiama la “invasione degli ultra trolley”? Ecco, proprio da queste pagine io traggo sì, una atroce nostalgia, ma anche una pervicace speranza.
Credo di potermi permettere la speranza, perché io Venezia la conosco, ci sono stata tanto, ma mai da turista: ci ho abitato, a volte in un palazzo, a volte in una pensioncina tapina, ci ho vissuto la vita vera, ho mangiato e fatto l’amore, ho lavorato e mi ci sono volontariamente perduta nei suoi meandri più segreti – e inoltre parlo un veneziano decente, che, dicono, sarebbe accettato persino dalla nonna di Toni, che nelle pagine del libro interpella così un amico alto e piacevole che il nipote le sta presentando: “Ma che bel fio! Da dove vienlo, seo venessian?” “No, nonna, viene da New York” “aaaaah, un campagnoeo…” “macché campagnolo, New York è una città con 12 milioni di abitanti”, “E cossa vol dir? El vien daea campagna, sensa offesa par nissùn, mi non so mejo de jù, semo tuti fradrei, ma sto museto – e si tocca la guancia con una mano – nol ga mai visto el cueo de una vaca”. Ecco, una città con tanto orgoglio e tanto umorismo, non potrà mai essere sconfitta dalla banalità contemporanea. Come dice Toni: “…sarà la sua lunghissima autonomia politica, la sua mancanza di invidia per qualunque altro luogo sulla terra…”, il suo “tenace egocentrismo democratico” a farmi credere che Venezia non solo è stata, ma è e tornerà – noi non la perderemo mai – non l’abbiamo mica sognata. Tornerà, sorprendendoci con l’ironia, l’arroganza gentile, l’immensa cultura, e anche con lo “squilibrio”. Perché è lo squilibrio il segreto della longevità di Venezia. Non un equilibrio naturale, non c’è nulla di naturale in Venezia. “La laguna… era un sistema complessissimo e Venezia stava al centro di un guazzabuglio di elementi che facevano di quel contesto un meraviglioso squilibrio sempre in movimento, che andava corretto con cura, intelligenza e tempestivamente.” MOSE o non MOSE, Venezia ritroverà il suo squilibrio, con cura, intelligenza, e, speriamo, anche tempestivamente.