Salve, mi presento: sono Buongiorno. Una comunissima parola, un’espressione di saluto molto in voga tra le persone educate. Sono stata pronunciata, in una fredda mattina invernale, da un cacciatore nei boschi dell’Umbria.
Come forse voi non sapete, le parole pronunciate dagli uomini hanno una durata e, se non vengono ascoltate, vagano per un po’ nell’aria. La durata della nostra esistenza dipende dalla nostra lunghezza. Voi non potete vederci, ma siete circondati da milioni di parole. Noi fluttuiamo, riempiamo tutto lo spazio attorno a voi.
Io sono stata fortunata a metà. Mi spiego meglio. Sono formata da dieci lettere, un bel numero, se si tiene conto che la gente usa un sacco di mono e bisillabi, vale a dire: si, no, ma, cioè, tu, io, eccetera. Non mi ritengo fortunata interamente perché il luogo dove sono “nata” è in una sperduta vallata. Qui non incontro mai nessuna parola con la quale fare conoscenza. Mi piacerebbe conoscere parole straniere, dalle lunghissime tedesche alle contrazioni inglesi, dalle russe dalle strane forme agli ideogrammi cinesi.
Ahi! Scusate ma ho perso la I.
Bisogna che sappiate che il tempo della vita di noi parole è scandito dalla perdita delle lettere che ci compongono. Purtroppo neanche noi siamo eterne.
Ahi! Addio alla O.
Bisogna che mi sbrighi. Dunque dicevo? Ah, sì, ecco, noi decadiamo, abbiamo una scadenza. È veramente straziante vedere le membra delle mie simili, sparpagliate al suolo e calpestate da tutti.
Ahi!
Nessuna di noi avrà mai una degna sepoltura. Solo le nostre sorelle stampate hanno una vita lunga e, se fanno parte di un’opera storica, vengono venerate per decine e centinaia di anni. Ahi! Che male!
Insomma, prestate più attenzione alle parole, ascoltatele, non dimenticatevi che esistiamo, perché se noi dovessimo…