Viaggio premio

Arriva a sedersi all’ultimo momento. Corpo grande e forte, abito di sartoria. Lo spazio tra i sedili gli è stretto. Si sistema prima del decollo, girato verso di me. Lui, sguardo azzurro ridente, su viso di biondo abbronzato. Io, imbarazzata dalla mia reazione al segnale Maschio Prestante. Sono contenta di indossare canotta e gonna da sfoggio…
In aereo vicini gradevoli quasi mai. Stavolta si sta preparando un viaggio premio! Figlia della scuola Ignora chi ti piace, non potrà ignorarti, per una volta benedico le istruzioni di abbandono aereo: permettono sguardi volanti.
Comincia ad arrivarmi il suo odore. I feromoni sanciscono: colpita e affondata! Mi sorride con un «Buongiorno». Sperando nell’efficacia della spazzolata ai denti dopo colazione e nel rossetto in tinta con la canotta, ricambio sorriso e saluto. Prendo fiato per attaccar discorso, ma in pochi momenti il Maschio Prestante si accuccia e s’addormenta. Ecco, penso, altro che viaggio premio.
Dopo una mezz’ora di languori arriva la hostess con generi di conforto e, approfittando della possibilità, gli tasta il braccio per proporgli un break. E brava!
Lo sguardo azzurro si schiude in un modo che tutto gli è perdonato, pure il dubbio che abbia finto di dormire. Si sporge ad aprirmi il tavolino, mi porge la spremuta scelta e pure i biscottini. Dopo i miei grazie-prego-scusi, esordisce, in italiano corretto da un’inflessione anglo e voce da contrabbasso: «Ho viaggiato tanto ma è la mia prima volta a Catania». Magnifica banalità e gancio perfetto per iniziare una conversazione!

«Allora avrà ancora qualcosa da scoprire, della Sicilia!» rispondo, brindando all’incontro col succo d’arancia rossa. Racconta perché-percome-perquanto. Ascoltando con gli occhi sembra deliziato dalle battute che palleggio tra il ridente e il curioso. Mentre cerco il check-point per lo scambio dei numeri-cell, si materializza il mio karma. Dal fondo dell’aeromobile, su plateau tacco quindici, arriva una Seccabruna in abito Chanel. A me indirizza uno sguardo letale. A lui, con mieloso sorriso: «Steve, caroooo, perché sei seduto qui?! Dopo tutto quel che ho fatto per farti avere la fila dei sedili spaziosi, te ne stai tutto rattrappito?!» E rivolta a me: «Un metro e novanta di uomo!»
Come se non me ne fossi accorta… Allora sei la segretaria!
Con finta comprensione e vera invidia, li guardo. Lui biascica qualcosa e mi gira le spalle. La supposta segretaria mette una mano sulla di lui spalla sinistra, carezza la di lui guancia destra e io considero chiusa la parentesi.
Troppa intimità per esser solo la segretaria.
È qui che la Seccabruna con sguardo pitonesco e lingua biforcuta dichiara: «Lui è mio!» Cosaaaa?
Di Lui ora apprezzo solo un pezzo del notevole quarto posteriore destro e mi faccio persuasa del contrario di quel che lei urla al mondo. Quell’uomo non è Suo per nulla! In vista dell’Etna, s’avvia la fase di atterraggio e la Seccabruna è costretta a tornare nel retro. Steve si rigira verso di me e riattacca a parlare. Mi sento un vulcano. Riusciamo a farci una risata su qualcosa che neanche ricordo. Appena sbarcati mi avviluppa la mano e ci auguriamo buon soggiorno: ognuno per i fatti suoi.
Mi dirigo al ritiro bagagli con gli ormoni impazziti e una spensierata tristezza. Ancora una volta senza un compagno di viaggio, mio.
Da un angolo osservo l’arrivo di tre persone: un Distinto di una certa età con la Seccabruna, copia conforme e genetica di lui, attaccata al braccio. Dietro, Steve. Porta al guinzaglio un barboncino bianco, nano. Adesso tutto è bello chiaro! Il boss, la figlia del boss e poi Lui. Uomo di proprietà. Varie ed eventuali.

 

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