Sono in treno. Il viaggio verso casa procede tranquillo, insieme uguale e diverso rispetto agli altri giorni. Sto pensando ad un articolo che devo scrivere entro la serata. Dal mio mp3 le note malinconiche di Chet Baker fanno da sottofondo ai miei pensieri.
Sconosciuti, come spesso accade, nel mio scompartimento. Accanto a me c’è un ragazzo sui vent’anni, sicuramente uno studente universitario da come si presenta. Né brutto né bello, direi assolutamente normale. Curato, ha uno sguardo sensibile ed intelligente. Sta dando ripetizioni ad una ragazza delle superiori di un paio di anni più giovane, capelli neri ricci, aria decisamente svampita. Eppure bellissima. Di quelle bellezze che ti entrano dentro.
Lui ne è innamorato, lo percepisco dopo un attimo. Lo si nota da come la osserva, dai sorrisi che le elargisce, dalle attenzioni che le riserva. Attenzioni che vanno sicuramente oltre i numeri che prova a spiegarle. E che a lei chiaramente non piacciono e che non fa molto per farsi piacere.
Passano un paio di stazioni. Ed ecco arrivare un altro ragazzo. Classica cresta alla moda, aria sbruffona, risvoltini fino quasi alle ginocchia, occhiali da sole enormi a coprirne gli occhi. È il fidanzato di lei.
Senza nemmeno guardarla le dice semplicemente: “Sbrigati a finire ‘ste cazzate che ci dobbiamo baciare. Datti una mossa, va’!”.
Il ragazzo che le è accanto simula distacco, fissa i numeri sul foglio, prova a far finta che nulla sia successo. Ha gli occhi sul quaderno. Lo guardo e mi accorgo che sta morendo dentro.
Vorrei alzarmi per andare ad abbracciarlo e dirgli che tra qualche anno non sarà più così.
Domani, ragazzo, sarà diverso, vedrai.
Già, il futuro.
Forse…