SCRIVERE POESIE
Ho avuto in regalo una macchina da scrivere
ed è per questo che scrivo poesie;
scrivo per dire grazie
per cercare ciò che è stato e se n’è andato
per divertirmi con la rima e il vocabolario
perché una gamba mi fa male e non posso camminare.
Scrivo poesie per nostalgia di una certa scrivania,
perché il gelsomino non si può dimenticare,
perché sono stata tradita e posso parlare della vita.
“Scrivere poesie” di Vittoria Fonseca letta da Anna Toscano
Vittoria Fonseca centellina poesie negli anni, così da far sentire il lettore a lei affezionato in attesa di qualcosa di bello che deve arrivare. Quando escono, le sue poesie, la lettura ripaga con un ritmo pacato anche se talvolta solenne, la solennità delle piccole suppellettili in fila sul ripiano di una credenza, la solennità dell’elencare gli oggetti all’intorno, la solennità del ricordo. Liriche mai lunghe, rime e assonanze, un lessico che parla di una concentrata geografia personale fatta di cose e persone, la mappatura di ciò che sta nei pressi di chi scrive e che attira l’attenzione, come “una foglia grinzosa di vite”, “grevi zolle color cioccolato”, “il terso acciottolato”. Il tempo è quello del presente, non di rado il presente dei ricordi, la luce è quella diretta, immediata, che colpisce le cose e le riverbera alla percezione: “è l’ora breve del melo cotogno”. Fonseca nei suoi libri guarda all’esistenza nel suo avvicendarsi quotidiano parla con persone, spesso poeti a lei cari, dialoga col passato, osserva la sua nascita a ogni caduta, e ringrazia. E una poesia che si diverte e gioca, il cerchio e il bastone controluce nel giardinetto un pomeriggio assolato, tra lini e ricami. Uno scrivere d’altri tempi, di piccole cose che una dopo l’altra riempiono la vita di poesia.
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