Appoggiando l’occhio all’obiettivo, fisso il solito punto. Metto a fuoco. L’uomo appare quasi immediatamente, è nervoso e suda. Va su e giù per la stanza serrando i pugni e guardando l’orologio in continuazione. Poco dopo arriva la donna. Non sembra affatto sorpresa nel vederlo, ma neppure contenta. Intanto, riprendo quell’ennesimo incontro. Lui l’aggredisce subito, lei non fa neanche in tempo a togliersi il soprabito. Con uno spintone la manda a sedere sul divano, davanti alla finestra. Lei cerca di rialzarsi ma lui, con un’altra spinta, la ricaccia giù. È sempre più agitato. Urlano. Urlano insulti e accuse. Lei si mette le mani nei capelli e inizia a piangere. Lui, per nulla impietosito, rincara la dose. E poi… Poi estrae una pistola. Alla vista dell’arma la donna si schiaccia contro il divano, nel disperato tentativo di essere inghiottita dall’imbottitura, e sparire. Lui arma il cane e quasi senza prendere la mira, spara. Lei smette di muoversi, lascia cadere le braccia e rimane immobile. Lui la guarda, guarda la pistola, cade ai piedi di lei, in ginocchio, e rimane lì per un tempo indefinito, fino a che non sente un voce che urla. È il regista che da lo stop.