Poi eventi imponderabili mi portorno a imboccare la via delle arti figurative.
Mi sospinsero verso una deriva impensata, non preventivata. Un gallerista di Milano dal cognome allemano mi fece un contratto di esclusiva globale con un fisso bimestrale e la promessa di una mostra personale a breve.
Mandai in soffitta basso e tutto quanto. Anzi, più che in soffitta, il pretiosissimo Preci (si favolizza che nel 1966-67 usassero ancora fondi di magazzeno della gestione Leo, pre-CBS ciovè) fu sbolognato dalla mia mamma perché impicciava. La mia nuova magione era sui 45 metri quadri scarsi, studio incluso che poi era anche sala da pranzo e anticucina. Un basso tutto intero con custodia e ampli non c’entrava neanche a incocconarlo come un sartù di supplì.
Dunque fu regalato a non si sa chi. Un mezzo parente, un vicino, un passante? Boh!? Lì per lì non me ne resi bene conto, ma il distacco non fu indolore e mi lasciò una ferita aperta, come se una trivella si lavorasse le budella. Fu peggio di un coito interrotto sul più bello.
Ovvio che nel subprofondo volevo, sempre volevo, fortissimamente volevo. Suonare. Fosse pure il campanello. C’ero portato, c’ero tagliato. Sapete cos’è “le violon d’Ingres”? Ingres, Jean-Auguste-Dominique, il grande pittore neo classico organizzava ricevimenti in grande stile per esibirsi col violoncello. Era convinto che quello fosse il suo vero talento. Non il pennello.
Rompeva i corbelli a tutti col suo violon del cazzo.Tipo Woody Allen con il clarinetto. O il Petrarca che prendeva sottogamba il Canzoniere e sentiva come sua opera somma l’Affrica, un malloppo indigesto che nessuno ha mai letto. Neanche sotto la minaccia delle armi.
Così io. Penso di avere il basso nel sangue. Mi pulsa dentro. Magari sono leggermente anemico, forse c’ho l’extrasistole, un po’ di tachicardia. Ma cerco di tenere il tempo. A spizzichi & bocconi. Sarò pure “il più inetto bassista del mondo”, un caso pietoso, un esempio ignominioso di imbranataggine, ma sono la riprova lampante e rifulgente che uno può non raggiungere mai l’optimuum del Continuum ma essere ugualmente felice.
Con un basso tra le sgrinfie.
(continua)
When I was young – parte prima
When I was young – parte seconda