Woody Allen è morto. Visti i suoi ultimi film, è ormai palese. La domanda che resta sospesa è: “Quando è morto?”
Se le tracce della prematura dipartita di Paul McCartney sono da ricercare nelle copertine e nei testi dei Beatles dopo il 1966, quelle della morte di Woody vanno trovate nei suoi film e nei loro manifesti. Il manifesto di Match Point offre la prima indiscutibile prova: fondo bianco, una gigantesca fascia nera al centro (sormontata dal rosso sanguigno di Match) e la parola Point anch’essa in nero pieno. Fascia a lutto, Punto nero: un punto definitivo alla vita di Woody, dopo un Match (la vita) finito nel sangue? Sarebbe lo Scoop del secolo se qualcuno ci arrivasse, ma infarcire di omicidi tre film consecutivi (Match Point, Scoop, Sogni e Delitti) non basta a far capire al pubblico che il fin troppo goffo Woody Allen dei red carpet non è l’originale, ma un sosia, una controfigura, una pessima copia. Nemmeno quando Boris Yelnikoff (il protagonista di Basta che Funzioni) dichiara esplicitamente “Mio padre si è suicidato”, qualcuno capisce che si sta riferendo a Woody Allen: perché chi è il padre di un personaggio se non il suo regista? A questo si aggiunga che da Match Point in avanti (a parte Basta che Funzioni) nessuna pellicola di Allen è più girata a NY – dove anche il venditore di hot dog all’angolo della strada potrebbe smascherare il sedicente Allen – ma a Londra, Barcellona, Parigi o Roma (a quanto pare il falso Woody è ammanicato con un sacco di uffici turistici).
Insomma, Woody è scomparso nel 2004 (dopo Melinda e Melinda) lasciando ai posteri una sola sceneggiatura originale (Basta che funzioni, girata nel 2009 per gettare fumo negli occhi dei critici) ed è morto suicida.
È sepolto in un angoletto del Père-Lachaise, sotto le spoglie di Allan Stewart Königsberg (il suo vero nome, anche se ormai nessuno lo sa più) e pare che ogni giorno Carla Bruni gli porti una rosa, sempre convinta di aver davvero recitato in un suo film.