Quando la clava colpisce le donne

Ormai la cosa in Italia è così: la frustrazione, il fallimento, la rabbia, l’incapacità, la debolezza, la mancanza di responsabilità, la violenza, il dominio, la delusione, l’egocentrismo, la gelosia, la povertà d’animo. Non metto nell’elenco la disperazione e il dolore perché sono sentimenti troppo alti per quei vili che sterminano moglie e figli e poi, se va bene, si uccidono. Mariti, amanti, fidanzati, compagni, ex tutti sul vascello alla deriva, sbatacchiato dalle onde della dignità, dell’autonomia, della parità femminile. Loro uccidono una donna ogni due giorni, le massacrano con pistole, coltelli, botte, martelli. Sono costretta agli elenchi dalla diffusione dell’atrocità. Wilma dammi la clava che ti spezzo il collo, a te e ai figli che hai partorito. Ti perforo il cuore che non batte più per me, distruggo il sogno infranto. Dammi la clava e ammazzo anche i tuoi figli, che non sono più nostri. Dammi la clava perché ho perso le parole per strada, e se non ci riesco a guardarti negli occhi, te lo meriti Wilma, tu che sei capace di stare da sola e io no, che ami i figli oltre te stessa e io no, che ami la vita interamente, nel bene e nel male, ma io no. Tu sei più brava, più profonda, prendi la nostra macchina dalle ruote di pietra e te ne vai. Wilma tu non dipendi più da me e io che faccio? Cosa mi resta se non spaccarti le costole, le gambe, la testa in due? Wilma tu non puoi lasciarmi, non puoi ribellarti. Una volta, bei tempi, tu facevi quello che ti dicevo, non c’erano discussioni, tu obbedivi. E se ti volevo, ti prendevo. Wilmaaaaaaaa dammiiiiiiiii la clavaaaaa, sono mesi che ci penso, ma adesso basta. Adesso voglio il tuo terrore, le tue lacrime colpevoli, le tue scuse in ginocchio, le tue suppliche. Questa è la mia apoteosi, Wilma, capisci? Decido io della tua vita e della mia. Tu che non hai taciuto, acconsentito, chinato il capo, perché l’hai fatto amore mio?        (Valeria Viganò)

 

E’ successo di nuovo. E’ sempre colpa mia. Mi massacri con la clava che io stessa ti porgo. Vuoi il mio corpo, prego accomodati. L’anima te la sei già mangiata insieme al resto. Sono la tua schiava, ad ogni tuo ordine ubbidisco. Ti ho dato tutto, sempre. Ho lasciato il lavoro. Ho speso la mia vita solo per te e i bambini. Sempre sorridente, sempre sponsale verso di te e verso quell’esercito di amici che ti porti dietro ogni mercoledì di coppa. “Non succederà più, amore”, è il tuo refrain preferito. Eppure è successo, ancora. E ancora. E ancora. Ma adesso basta. Eccomi qui, da sola a meditare. Ti sto aspettando. I bambini non sopporterebbero di sentirci di nuovo, quindi stavolta non lo faranno. Non possono più. Ho preparato la cena, e ti aspetto. Ieri ero Wilma, oggi sono Medea.  (Silvia Romano)

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