Due vecchi amici in un albergo termale di lusso speculano sulla vita, tra cime, passeggiate e mucche che muggiscono e scampanano. Sono in Svizzera, luogo pacificante per il corpo e lo spirito che vengono ritemprati da massaggi, bagni in piscina e musica serale. L’uno, direttore d’orchestra e compositore si è ritirato dalla carriera, l’altro, regista contornato da uno stuolo di giovani sceneggiatori, insiste a voler fare il suo film testamento con l’attrice sua musa da sempre (un cammeo di Jane Fonda). Pacato il primo, apatico si definisce lui stesso, vitale e non rassegnato il secondo. Intorno a loro gli ospiti dell’hotel, un attore in cerca del personaggio da interpretare, una ricca coppia che non si parla, una bambina curiosa e una guida alpina. Arriva anche Miss Universo e la sua perfezione estetica apre uno iato clamoroso tra i due anziani amici e la vita nella sua potente giovinezza. Nella tranquillità senile della vacanza irrompono alcuni eventi che mutano i due vecchi. La figlia del compositore, anche lei in hotel, viene lasciata dal marito, figlio del regista. Un emissario della Regina Elisabetta propone un concerto nel quale il vecchio direttore dirigerà alcuni pezzi cantati in origine dalla moglie (ricoverata da anni in una clinica psichiatrica) e ottiene un rifiuto. La musa del regista va a trovarlo in Svizzera per comunicargli che si è data alla televisione. Ciò che segue è una catena di accadimenti che sparpagliano le certezze e le speranze, spargendo nuova luce sulle scelte esistenziali dei protagonisti, e li spingeranno a prendere decisioni che ribaltano il senso della loro vita. Eccezionali gli attori, bellissima la musica, respiro internazionale in Youth, film decisamente più insolito e riuscito de La grande Bellezza, meno carico di meditazioni filosofiche ma pungente e profondo nelle sfumature, nei dialoghi e nei personaggi. Quasi eccessiva la cura delle immagini studiate al millesimo, ma da vero cinema leggermente meno compiaciuto del precedente Oscar. Ci è piaciuto parecchio.
Un hotel di lusso nelle Alpi svizzere.Tra gli ospiti un famoso direttore d’orchestra e un noto regista. Fred e Mick, entrambi molto anziani, sono legati da antica amicizia e dal fatto che i rispettivi figli, Leda e Julian, sono sposati tra loro. Fred, che da anni ha abbandonato il palcoscenico, difende caparbiamente la sua privacy, rifiutando persino l’invito della regina Elisabetta che lo vorrebbe a corte; Mick, invece, sta completando la stesura del suo ultimo film, un testamento – come lo definisce egli stesso – artistico e intellettuale. Nell’albergo, che vanta anche un’equipe di medici a disposizione degli illustri ospiti, un giovane attore in crisi d’identità, una splendida e formosa Miss Universo, un ex calciatore latino-americano obeso e un monaco buddista.
“Youth – La giovinezza”, diretto e sceneggiato da Paolo Sorrentino, è un film sulla vecchiaia. Che è osservata dal regista napoletano nelle sue tante sfaccettature: come un momento per ripensare alla vita trascorsa e trasmettere ai più giovani la propria esperienza o, più spesso, per fare i conti col proprio passato. C’è chi come Fred, uno straordinario Michael Caine, sembra aver blindato in una nebulosa il tempo andato, e si limita a vivere il presente con apatia e chi come Mick, un altrettanto straordinario Harvey Keitel, ha ancora progetti per il futuro. Dipende dalla prospettiva con cui guardi il mondo – dice Mick ai suoi collaboratori – se guardi col cannocchiale le montagne di fronte, ti sembra di poterle toccare con un dito, e questo succede quando sei giovane. Se invece lo capovolgi, le montagne appaiono lontanissime, inarrivabili, e questo succede quando la vita è al suo termine. Con chiari riferimenti letterari a “La Montagna incantata” (l’albergo è lo stesso: il Berghotel di Davos) e a “Morte a Venezia” di Thomas Mann, Sorrentino mette a punto una regia impeccabile, non appesantita da simbolismi eccessivi e che tende, come si capirà andando avanti nella visione, a “levitare”. Divertente, le battute tra i due consuoceri sono asciutte e mai volgari, anche se la prostata e i relativi problemi di minzione sono il principale argomento di conversazione; quasi pudico nel mostrare con naturalezza i corpi slabbrati e i muscoli allentati dei vecchi amici, il regista sembra avere lo stesso tocco delicato ed esperto della giovane terapista che li massaggia. I piani di lettura sono molteplici e Sorrentino li squaderna con garbo, lasciando che i tempi del film si adeguino allo scorrere pigro delle ore nel chiuso dell’Hotel con le sue piscine e le sue saune, o all’aperto nella splendida cornice delle Alpi svizzere e dei suoi pascoli. Un film che accompagna la vecchiaia, fotografandone limiti e fragilità ma anche inaspettati rinascimenti. Dove la “giovinezza”, al di là del fattore anagrafico, si riflette negli occhi di chi la guarda. Con una dedica al grande vecchio del cinema appena scomparso Francesco Rosi.
Youth – La Giovinezza (Italia-Francia-Svizzera-Gran Bretagna 2015) di Paolo Sorrentino